Incendio treno Bonassola 1961 - Associazione Nazionale Vigili del Fuoco Sezione La Spezia

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Tragedia sotto la galleria di Bonassola 30 Marzo 1961

Alle 19.45 di giovedi 30 marzo 1961 un incendio sul rapido GR (Genova-Roma) sviluppatosi nella galleria "Marmi e Salice" provoca la morte di 5 viaggiatori. Il treno trasportava circa quattrocento persone che si stavano recando a casa per le vacanze pasquali (pasqua quell'anno cadeva il 2 aprile).





Da L'UNITA' del 1 Aprile 1961   scarica pdf
 
Se il segnale di allarme fosse stato tirato qualche secondo dopo
 
BASTAVANO 150 METRI PER EVITARE LA SCIAGURA.
 
Identificate tutte e cinque le vittime – Un fatale abbassamento della tensione – L'abnegazione dei ferrovieri e dei soccorritori
 
(dal nostro inviato speciale)
LEVANTO 31 Marzo 1961 – Quando ieri notte ci siamo recati nell'ufficio del capostazione di Levanto erano trascorse appena tre ore dall'agghiacciante disastro che ha distrutto il rapido GR Genova- Roma. Il convoglio si è incendiato nella galleria che corre tra Framura e Bonassola, lunga tre chilometri, a una ventina di chilometri da La Spezia. Cinque persone hanno perso la vita, un'altra ventina di passeggeri sono stati ricoverati in ospedale. Undici di essi, nel corso della giornata sono stati già dimessi. Per gli altri non si nutre alcun timore. Dopo i momenti terribili di ansia, di paura e di febbrile attività per portare soccorso nel budello a binario unico denominato “Marmi e Salice”, all'interno del quale una parte del convoglio è stata divorata dalle fiamme. La prima parte, formata dall'elettromotrice di testa e da due vetture, è stata divorata dalle fiamme sul piazzale della stazione di Bonassola (dove era stata trainata poco prima delle 22, da una “locomotiva di soccorso”) attorno a noi vi era un silenzio agghiacciante. Poi è squillato il telefono. Una donna da La Spezia ha chiesto ansiosamente: “C'e' anche una bambina tra le vittime?”. Il capo stazione ha avuto un momento di esitazione prima di rispondere. Poi ha detto:”Non lo so ancora con precisione. C'erano tanti bambini sul treno”. Ci siamo guardati in faccia e in un attimo ho capito che non aveva avuto il coraggio di dire la verità. Un bambino vi è effettivamente tra le vittime della sciagura. Un ragazzo di 13 anni,  Ettore Perrera da Roma, che è morto quasi tra le braccia di Carlo Marcotulli, il campione olimpionico di pallanuoto abitante a Roma in via Cristoforo Colombo 117. Marcotulli, anch'egli deceduto nel disastro, aveva 34 anni. Li hanno trovati insieme il giovane atleta ancora seduto a un tavolo della vettura ristorante, già morto, il piccolo ai suoi piedi che rantolava ancora con un filo di respiro. I medici si sono gettati su di lui, ma l'ossigeno delle bombole non è riuscito a dilatare i polmoni del piccolo, ormai del tutto avvelenato dall'ossido di carbonio.
Gli altri morti sono il dottor Paolo Francesco Nosutti, di 59 anni, giudice presso il tribunale di Genova e già pretore per alcuni anni a La Spezia. Ettore Bacigalupo, di 59 anni, abitante a Genova in via Castagnola 18, sua moglie Lina Gialloreto di 59 anni. Il piccolo Perrere era loro ospite. Il ragazzo aveva trascorso una vacanza a Genova ed ora, accompagnato dai nonni, tornava a Roma dalla mamma. Le salme del piccolo e della Bacigalupo sono state identificate solo nel tardo pomeriggio di oggi dai genitori del bimbo, i quali non appena avuta notizia del disastro, si sono precipitati sul luogo della sciagura e hanno proceduto al triste incarico. Il giudice Nosutti, che era nato a Bomba, in Provincia di Chieti, si recava in quella località per trascorrere con i propri famigliari le vacanze pasquali.
I feriti presso l'ospedale di Levanto sono ancora nove: Antonietta Bernardini abitante a Roma in via Arcivescovale 45; Sanseverina Roberta Vimercato e la figlia Orietta Ceriana, abitanti a Pieve Ligure in via Aurelia 32; Irma Leandri abitante a Genova in via Borgo Postagianese; i coniugi canadesi di Montreal Pierre Leduc e la moglie Joanna; Giuseppe Catanzaro abitante a Molfetta di Bari; il cittadino statunitense Belle Tabok, abitante a New York; Stefano Cadeddu di 13 anni, abitante a  Genova in via Filzi. Il ragazzo è quello che desta maggiori preoccupazioni, mentre gli altri sono stati dichiarati fuori pericolo.
All'ospedale di La Spezia è stato ricoverato l'aiuto macchinista del “rapido” Riccardo Scarpellini, di 38 anni, abitante a Roma, in piazza dei consoli 41. Oltre ai sintomi di asfissia è in preda ad uno choc psichico; è stato giudicato guaribile in 6 giorni. Solo in giornata ha potuto alzarsi e telefonare alla moglie che si trovava a Bergamo.
“Scarpellini è l'eroe in questa tragedia – ci hanno detto i camerieri romani della vettura ristorante, Albino Benocchi, Alfredo Magliaccia, Lucio Sbordellati. - Ha salvato numerose persone a rischio della propria vita. Sino allo stremo delle forze si è battuto nella galleria invasa dal fumo, caricandosi i passeggeri svenuti sulle spalle per trasportarli all'aperto.” Anche gli altri ferrovieri del “rapido”, il primo macchinista Annibale Cannalire, di 48 anni, di Roma, il secondo macchinista Burchi di Livorno, il macchinista dell'elettromotrice di coda Morando di Livorno, i conduttori Biondi e D'Andrea si sono prodigati senza risparmio, dapprima per evitare che il panico provocasse una tragedia ancora più immane, e dopo, quando si sono resi conto che il fumo e le fiamme minacciavano la vita dei quattrocento passeggeri che stipavano le sette vetture dell'elettrotreno. Come ha potuto verificarsi il disastro? Un passeggero, successivamente identificato per il vercellese Eraldo Baratta, mentre il convoglio stava percorrendo l'ultimo tratto della galleria, accortosi che dal pavimento della vettura di centro (la quarta delle sette di cui era composto il convoglio) stava filtrando del fumo e già si avvertiva un acre odore di bruciato, ha azionato il segnale di allarme, provocando l'automatico arresto del treno che si è fermato a 150 metri (al massimo 200 metri) dall'imbocco della galleria per Bonassola. Secondo il macchinista Cannalire, che ci ha rilasciato una dettagliata dichiarazione, a suonare l'allarme sarebbe stato il signor Antonio Diamore da Napoli. A indicarlo con sicurezza è stato il dottor Alfredo Catone, un romano abitante nella Capitale, in via Confalonieri 2. Tutto fa pensare che il fumo scorto dai passeggeri nella quarta vettura sia stato causato da un principio di cortocircuito dovuto al surriscaldamento degli impianti elettrici del convoglio.
Nelle cabine di guida, in testa e in coda, subito dopo la frenata provocata dal segnale di allarme – erano circa le 19.45 – si è avvertito un improvviso abbassamento della tensione elettrica: impossibile portare il convoglio fuori della galleria. Il circuito della linea aerea delle FF.SS. è costruito in modo che la sottostazione elettrica più vicina automaticamente stacca la corrente, che può essere ridata solo dalla sottostazione.
Intanto il fumo continuava a invadere sempre più la vettura centrale: i ferrovieri allora sono saliti sul treno, hanno invitato i passeggeri alla calma, li hanno fatti spostare nelle vetture di testa più arieggiate, mentre il macchinista Bucchi e il conduttore Biondi si incamminavano verso l'uscita della galleria per chiedere i primi soccorsi. Giunti alla stazione di Bonassola i ferrovieri hanno chiesto al capo stazione di dare alla linea maggiore tensione di corrente per permettere all'elettrotreno di muoversi e portarsi fuori della galleria. Non è stato possibile, il trasformatore era guasto. Burchi e Biondi sono tornati allora subito in galleria dove la situazione si era fatta più drammatica, essendo risultati vani i tentativi di circoscrivere con gli estintori l'incendio che ormai aveva intaccato i mantici e le vernici della carrozzeria, spargendo una densa nube di fumo soffocante.
A questo punto il personale ferroviario, resosi conto del grave pericolo, ha invitato i viaggiatori a scendere in ordine dalle vetture e ad avviarsi con calma verso l'uscita della galleria, dalla parte di Bonassola, che dalla elettromotrice di testa distava, come abbiamo detto da 150 a 200 metri. I primi a scendere sono stati i viaggiatori delle vetture di coda, che senza incidenti (tra la parete della galleria e il treno lo spazio è di appena mezzo metro), hanno potuto percorrere il tratto che li separava dall'aria aperta. La tragedia è avvenuta subito dopo, quando l'aria fattasi irrespirabile haspinto tutti i viaggiatori a correre convulsamente verso l'imboccatura.
I cinque viaggiatori rimasti asfissiati non hanno fatto in tempo ad uscire dalla loro vettura, la seconda, invasa dal fumo e non hanno neppure potuto segnalare la loro presenza alle prime squadre di soccorritori formate dagli stessi ferrovieri e dai viaggiatori più coraggiosi che si sono lanciati, la bocca protetta da fazzoletti bagnati d'acqua, nel fumo più denso caricandosi sulle spalle gli svenuti  che altrimenti sarebbero sicuramente morti per asfissia.
Si è iniziata così una vera gara con la morte: uomini sfibrati per la fatica e semi soffocati prendevano una boccata d'aria o un sorso di latte, portato dalla generosa popolazione di Bonassola, e poi si buttavano di nuovo nel “budello” per salvare nuove vite umane.
Da La Spezia e da Genova sono giunti circa 40 medici con bombole d'ossigeno, decine e decine di Vigili del Fuoco. I medici hanno completato l'opera di soccorso rianimando molti che erano giunti allo stremo.
Nella galleria le squadre dei ferrovieri hanno finalmente potuto tagliare in due il convoglio trainando all'aperto le prime tre vetture: le fiamme al contatto con l'aria si sono vieppiù eviluppate, divorando in breve le tre vetture. Nella seconda sono stati rinvenuti i cinque cadaveri. Anche le vetture rimaste nella galleria sono andate completamente distrutte dalle fiamme. Stamane alle 8, quando il fuoco è stato finalmente domato e le vetture di coda sono state trainate alla stazione ferroviaria di Bonassola, uno spettacolo terrificante si è presentato agli occhi della folla ammutolita: non era rimasto che lamiere contorte, all'interno tutto era incenerito.
 
CARLO RICCHINI





Ottobre 2018
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